TAIZÉ

Lettera 2025

Sperare oltre ogni speranza

 

Molti dei giovani che ho ascoltato a Taizé ed altrove[1] si confrontano con dure realtà nella loro vita quotidiana; mi sono chiesto: come trovano la forza di andare avanti? Questa domanda diventa ancora più pressante quando questi giovani vivono in zone di guerra.

Da dove attingono la resilienza e la perseveranza vivendo queste situazioni apparentemente senza speranza? Mentre li ascoltavo mi è sembrato chiaro: la fiducia in Dio consente alle persone di fede di coltivare una speranza. E attraverso la risurrezione di Gesù cresce la certezza che la morte non avrà l’ultima parola.

La fiducia nella risurrezione dona la speranza che le sofferenze della vita non siano il punto finale. Siamo chiamati a qualcosa di più. È questa speranza che i giovani hanno voluto condividere con me, una speranza al di là di ogni speranza perché confida sul sorgere di una nuova vita quando tutto sembra perduto.[2]

Maria canta nel suo grido di lode e di speranza: “Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha dispero i superbi. Ha rovesciato i potenti dai troni, ha esaltato gli umili. Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote.” (Luca 1,51-53) Sì, osiamo cantare con lei e pregare affinché le situazioni cambino. Anche quando Dio sembra silenzioso, una strada può improvvisamente aprirsi.[3]

Al tempo stesso dobbiamo però fare tutto il possibile, anche se ci sembra poco, per esprimere segni di solidarietà alle persone in difficoltà che sono intorno a noi, quelle coinvolte in una guerra o costrette a lasciare il proprio paese. Non è forse questo che ci permetterà di sperare oltre ogni speranza?

Le riflessioni che seguono sono in gran parte il risultato di incontri e conversazioni dell’anno trascorso con giovani che vivono in paesi in guerra o in zone di conflitto. Sono davvero molto grato a tutti coloro che hanno condiviso le loro esperienze e riflessioni ed anche verso i nostri fratelli più giovani, i cui attenti consigli hanno messo ordine gli appunti che avevo scritto.

frère Matthew

Il coraggio di sperare

Quando vorremmo confidare nell'amore di Dio, ciò che vediamo e sentiamo intorno a noi molto spesso sembra contraddire quell'amore. Siamo intrappolati tra ciò che è già successo e quanto deve ancora venire. Questa situazione non è sempre molto confortevole, quando però si apre ad una speranza di realizzazione, dentro di noi qualcosa si libera.

La speranza richiede pazienza. “Speriamo ciò che non vediamo”, dice l'apostolo Paolo (Romani 8, 25). Orientati verso ciò che verrà in pienezza nel tempo di Dio, ma anche turbati da “battaglie all’esterno, conflitti all’interno” (2 Corinzi 7,5), oseremo rimanere in questa situazione scomoda anziché fuggire via?

“Sperando contro ogni speranza, Abramo credette” (Romani 4:18). Abramo, l'antenato dei credenti, osservo’ la promessa di Dio ben oltre ogni ragionevole speranza. Lui e sua moglie Sara hanno ricevuto ciò che sembrava loro impossibile.

Mentre il suo paese era devastato dalla guerra, i suoi abitanti minacciati di esilio e lui stesso in prigione, il profeta Geremia investì nel futuro: comprò un campo, tanto era sicuro che Dio non avrebbe abbandonato il suo popolo (Geremia 32, 6 -15).

Un gesto di speranza così sorprendente rende la fede più reale. È una ferma fiducia in ciò che è ancora invisibile e perfino incerto. Possiamo appoggiarci su questa speranza? Alla fine è questo che riapre la fonte della gioia[5]. Anche nelle situazioni umane più complicate, ciò che non abbiamo mai osato sperare può diventare realtà.

Oggi, in molti paesi in cui la guerra sta causando il caos, stanno emergendo straordinarie iniziative cariche di speranza[6].

Ascoltare persone di speranza

Per comprendere meglio cosa significa speranza, dobbiamo ascoltare le persone che vivono in mezzo al disagio e alla violenza. Non è forse attraverso le loro voci che Dio ci guiderà?

Durante la mia visita in Ucraina con due dei miei fratelli, un responsabile della Chiesa ci ha detto: “La preghiera apre uno spazio che permette la guarigione”. Sono rimasto molto colpito da questa osservazione. Confrontandosi costantemente con la sofferenza del suo popolo, vede che proprio nella vita interiore i credenti possono rimanere aperti ad accogliere la novità.

Questo processo non produce necessariamente risultati immediati ma, anche supportato da altri mezzi, apre una porta per superare le ferite e il dolore e risveglia la speranza di un’umanità guarita. La preghiera dà la forza per restare saldi di fronte alle situazioni più complesse[7]. Rompe le onde dello scoraggiamento quando l'oscurità sembra inghiottire tutto.

Una donna palestinese che vive in Francia, ma la cui famiglia si trova a Gaza, ci scrive: “L’amore per sostenere i feriti, i fragili, ridà forza. Questo mi fa pensare al paralitico[8] del Vangelo, portato dai suoi amici e dalla loro fede. Anche la preghiera è un modo di resistere, e per me è importante. Ma io sono un essere umano: dopo l'annuncio dell'assassinio di due membri della mia famiglia, la rabbia mi ha travolto, ho urlato, ho pianto... Tornando in me, ho saputo che Dio era lì, nella sofferenza e nella disperazione, e che ci sostiene.”

Quest’estate, passando per Taizé, ci ha detto: “Ogni mattina prego per trovare la forza di amare piuttosto che di odiare”. Le sue parole sono per noi come una lampada sul cammino.

Una giovane donna di un paese asiatico devastato dalla guerra mi ha detto: “Il nostro popolo è sopraffatto, ma trova conforto nel Vangelo. Quante volte il popolo di Dio è stato in esilio? Eppure una comunità si stava creando, qualunque fosse la difficoltà della situazione. Dio potrebbe avere per noi progetti più grandi, ma noi dobbiamo affrontare un giorno alla volta. Poter vivere il presente è un dono e un segno che la vita esiste per essere vissuta in pienezza. Nella preghiera c’è una fonte di pace che ci permette di incoraggiarci a vicenda, trovando significato nella condivisione e nella solidarietà”.

Dal Libano ho sentito queste parole: “Mia madre è una testimone di speranza. Nonostante tutto, lei è rimasta in piedi. È grazie a lei se sono quello che sono oggi. Ci ha insegnato ad avere fede in Dio e a pregare. Ogni persona che vive di fiducia riflette la fiducia perché si disseta alla fonte e può diventarne testimone. »

Chi sono i testimoni della speranza che ciascuno può scoprire e ascoltare nella propria situazione? Apriamo le orecchie per ascoltare cosa hanno da dirci.

Sforzarsi di sperare

Come reagiamo quando i nostri piani vengono vanificati e le nostre speranze deluse? Gesù ci dà una chiave per rimanere persone di speranza. Di fronte a una folla numerosa di affamati, ha avuto per loro “compassione”, letteralmente “il suo cuore era compassionevole” per loro[9]. E ha trovato il modo di soddisfare i loro bisogni.

Il rifiuto di rassegnarsi alle situazioni di disagio permette alla speranza di prendere forma dentro di noi. È il contrario dell’attesa passiva, è una lotta[10], non c’è altra via. Anche solo il nostro desiderio di speranza può portarci a superare il divario tra ciò che è umanamente possibile e ciò che è possibile per Dio.

La speranza donata da Cristo ci fa pregustare ciò che dovrà realizzarsi pienamente nel futuro di Dio. È come l'ancora di una nave.[11] Ci tiene saldi quando infuria la tempesta. Ci permette di sperimentare piccoli segni della nostra fedeltà alla chiamata che abbiamo ricevuto e alle persone che ci sono state affidate. È anche come un casco[12] che ci protegge dalle avversità che possono piombarci addosso.

La Regola di Taizé parla di non rassegnarsi mai allo “scandalo della separazione dei cristiani, che confessano tutti così facilmente l’amore per il prossimo, ma restano divisi”. Per frère Roger, l'unità dei cristiani[13] non è mai stata un semplice obiettivo in sé, ma un cammino che conduce alla pace all'interno della famiglia umana[14].

Gli umili cespugli di bosso intorno a Taizé, sebbene infestati due volte negli ultimi anni da insetti nocivi, stanno improvvisamente tornando in vita. Da ciò che sembrava morto crescono nuovi rami e il grigio diventa verde. La natura lotta per sopravvivere, rispecchiando e incoraggiando la nostra lotta per la speranza. La speranza per la creazione[15] e la speranza che riceviamo dalla buona creazione di Dio vanno di pari passo con la speranza per l’umanità[16].

Rimanere persone di speranza

La speranza può essere facilmente soffocata quando ci troviamo di fronte a situazioni in cui non sembra possibile alcuna comprensione reciproca. Creare un’atmosfera di sospetto rischia di intrappolare gli altri in una rete di sfiducia.

Ciò può avvenire nelle nostre comunità, nelle nostre chiese e nelle nostre famiglie, così come nella società e nei nostri Paesi. Queste dinamiche possono essere nascoste o palesi, ma impoveriscono sempre le nostre forze. Ci sono però momenti in cui, di fronte all’ingiustizia, dobbiamo denunciare il male affinché gli esseri umani non siano più vittime di altri esseri umani[17].

Per custodire la speranza, abbiamo bisogno gli uni degli altri. La speranza fiorisce quando siamo attenti ai bisogni degli altri. Possiamo vedere persone che, anche in mezzo alle avversità più grandi, scelgono di vivere, sorridere e offrire ogni giorno quel poco che è possibile.

La speranza è legata alla verità[18] e alla giustizia. E queste sono tutte caratteristiche di Dio. Non vediamo questo legame nella vita, morte e risurrezione di Gesù? Per nutrire la speranza, dobbiamo affrontare la realtà così com’è e vederla alla luce delle promesse di Dio.[19]

Un giovane che vive in una zona di conflitto mi ha detto: “Ero in un bar a leggere il mio libro quando i razzi hanno iniziato a volare intorno a noi. La gente correva fuori, piena di emozione, ma io ho deciso di restare e finire di leggere”. Anche cercare rifugio sarebbe stata una scelta saggia, ma condividere questa storia è una protesta di speranza contro l’inevitabilità della guerra.

Uno dei miei fratelli mi ha detto: “La speranza è provocatoria e, soprattutto, è contagiosa. Il contrario della speranza è l’indifferenza o la rassegnazione. Durante una recente visita nel mio Paese colpito dalla guerra, vedevo i volti tristi delle persone, preoccupate, stressate. Allora mi sono chiesto cosa avrei potuto fare. E mi è venuta un'idea: ogni volta che guido e ho la precedenza, mi fermo e do la precedenza all'altro. Mi costa cinque secondi. Ma ho visto questo piccolo gesto suscitare una reazione sui volti delle persone, alleviare un po' il dolore di mio fratello o di mia sorella.

Tutto in noi resiste alla guerra e alla morte... Tutto in noi aspira alla vita e alla bellezza.“[20]

La speranza della Pasqua

Dove sono adesso? Ai piedi della croce il Venerdì Santo? Nella gioia della domenica di Pasqua? Oppure nell’attesa del Sabato Santo, senza sapere a chi rivolgermi?

Ovunque mi trovo, riesco a scorgere davanti a me un sentiero di speranza? E’ un sentiero che si apre quando guardo verso Gesù che ha donato la sua vita per amore verso tutti, che ci ha mostrato un amore più forte di tutte le potenze della violenza, dell'odio e della morte.

La speranza non si basa sull’analisi della situazione ma su quella che spesso è una vacillante fiamma di fiducia. Benché fragile, essa arde nella notte più profonda. E’ questa l’esperienza che hanno fatto gli amici di Gesù: molti lo avevano abbandonato durante la sua prova più grande ma il suo amore ha permesso loro di tornare.

Se solo potessimo riconoscere Gesù risorto! Ma la sua presenza non dipende dal nostro riconoscimento. La nostra disperazione a volte ci acceca come rese cieca Maria Maddalena. Gesù risorto chiese a Maria: “Perché piangi?” e “Chi cerchi?” (Giovanni 20,15). Questa seconda domanda riecheggia le sue primissime parole nel Vangelo secondo san Giovanni: «Che cosa cerchi?” (Giovanni 1,38). Da quando Gesù è entrato nel dolore e nella morte più profonda dell'umanità, la ricerca di senso si rivela come il desiderio di una presenza[21].

Risorto dai morti, vivente in Dio, Gesù ci attira a sé[22]. Incontrandoci nel profondo del nostro essere, pieno di tristezza o di gioia, Gesù risorto ci apre alla sua relazione con il Padre e alla comunione nello Spirito Santo. Non siamo più prigionieri della nostra disperazione, una nuova vita è possibile.

Paolo scrive: “La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.” (Romani 5, 5). Viviamo di questo amore. Che lo Spirito Santo ci guidi sempre!

Pellegrini di speranza, pellegrini di pace

La fede nella risurrezione ha permesso a molte persone di aggrapparsi alla speranza in mezzo a situazioni di angoscia. È una fonte che ci porta a superare le nostre stesse impossibilità, ad aprire il nostro cuore agli altri e ad agire.

La fede nella risurrezione di Gesù richiede molto coraggio e audacia. Implica lo sforzo per non lasciarci paralizzare dalla presenza di morte e di distruzione che oggi ci circonda.

Da situazioni che possono sembrare senza speranza, Dio può creare qualcosa di nuovo. Dio può trarre la vita dalla morte, la riconciliazione dal conflitto.

Le donne, amiche di Gesù, che la mattina di Pasqua si recarono presto alla sua tomba si chiedevano: “Chi ci rotolerà via la pietra dall'ingresso del sepolcro? “(Marco 16,3) Quali sono le pietre della nostra vita che dobbiamo chiedere a Dio di rimuovere affinché possa nascere in noi una nuova vita?

Questa nuova vita ci aiuta ad alzarci, ci spinge a camminare con gli altri. Diventiamo pellegrini della speranza che portiamo dentro di noi. E non è questa anche una speranza di pace? Perché “Cristo è la nostra pace” (Efesini 2:14). Ascoltiamolo quando ci dice: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace.[23] Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.” (Giovanni 14,27-28)

Come pellegrini di pace[24], siamo consapevoli che non esiste vera pace senza giustizia[25]. La pace che portiamo dentro di noi, che nasce dalla speranza con cui viviamo, ci rende interiormente liberi. Ci permette di amare la vita e di resistere alle ingiustizie, perseverando sotto l'impulso dello Spirito Santo.

Un giorno potremmo ritrovarci a pregare il cantico di Zaccaria. Un uomo anziano, il suo paese occupato, gioisce per una nascita inaspettata e la celebra: “Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall'alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace". (Luca 1,78-79).

Siamo pronti a sperare ogni oltre ogni speranza?

Cristo risorto, attraverso la presenza dello Spirito Santo hai effuso l'amore di Dio nei nostri cuori e ci doni una speranza oltre ogni speranza. E dal nostro profondo sale, a poco a poco, una pace che ci sorprende. Lode a te!

[1] Nel maggio 2024, con due dei miei fratelli, abbiamo viaggiato come pellegrini attraverso l’Ucraina devastata dalla guerra. Durante l’estate abbiamo accolto a Taizé giovani provenienti dal Myanmar, dal Nicaragua e dall’Ucraina. In autunno ho conversato online con giovani di questi paesi, e giovani di Betlemme e del Libano, mentre quattro dei miei fratelli tornavano in Ucraina, visitando il paese da est a ovest.

[2]  “Non c’è speranza senza la previa esperienza di una totale assenza di orizzonte che è come la notte in pieno giorno e costringe gli individui e i popoli a liberarsi delle proprie illusioni.” (Corine Pelluchon dans L’espérance, ou la traversée de l’impossible, Éditions Payot & Rivages, Paris, 2023, p.8)

[3]  “La speranza è la risposta dell’uomo al silenzio di Dio.” (Jacques Ellul, citato da Anne Lécu in www.revue-etudes.com/article/esperer/24779)

[4]  In un commento a Dt 4,31, Gustavo Gutiérrez scrive: «Dio non dimenticherà l’alleanza; la fedeltà è prima di tutto memoria. Essere fedeli è ricordare, non dimenticare i nostri impegni, avere il senso della tradizione. La fedeltà all’alleanza presuppone il ricordo delle fonti del patto e delle sue esigenze. (...) Ma la vera fedeltà implica ben più di questo; richiede anche, e questo sembra a prima vista meno ovvio, una proiezione verso il futuro. Avere memoria non significa restare fissi sul passato. Ricordare ieri è importante perché aiuta a scommettere sul domani (...). La fedeltà non consiste nel camminare senza iniziativa su sentieri già battuti, ma nel rinnovarli costantemente; ci porta – deve portarci – a innovare, a cambiare, a ideare nuovi progetti.” (Gustavo Gutiérrez, El Dios de la vida, Éditions Sígueme, Salamanca, 1992, pp. 82-83)

[5]  Nelle mie conversazioni con i giovani che vivono in situazioni di guerra, molti di loro hanno parlato dell’importanza del canto come fonte di gioia e forza. Questa Lettera sarà pubblicata durante l’incontro europeo 2024-2025 a Tallinn. Non dimentichiamo allora la “Rivoluzione dei Canti” che tanto ha contribuito a far sì che l’Estonia riconquistasse pacificamente la propria indipendenza nel 1991. La gente è scesa in piazza cantando per affrontare la minaccia a cui doveva far fronte.

[6]  Una persona incontrata da un nostro fratello durante un pellegrinaggio gli ha detto: “Una rabbia creativa mi abita”. È questa forza che spinge questa persona a voler fare almeno un piccolo passo per cambiare la situazione in cui si trova.

[7]  “Dallo starets [Silouane], egli [Sophrony Sakharov] apprese molte cose che sarebbero state fondamentali per la sua vita spirituale. Due elementi emergono: come affrontare il sentimento di abbandono quando tutto ciò che si sperimenta nella preghiera è, al posto di Dio, un vuoto desolato, e come affrontare l’angoscia che accompagna ogni preghiera intensa per la sofferenza del mondo. Il primo punto ha ricevuto significato grazie al concetto di abbandono di Dio che Sacharov svilupperà poi, e il secondo grazie all’ingiunzione rivelata allo starets nella preghiera e da lui comunicata al suo discepolo: “Tieni la mente all’inferno e non disperare”. (Norman Russell, Theosis and Religion, Cambridge University Press, 2024, p. 169)

[8]  Vedi Marco 2,1-12. Da notare la forza della speranza negli amici di quell’uomo che superano tutti gli ostacoli smontando il tetto della casa per cercare di aiutarlo e di portarlo a Gesù.

[9]  Il verbo greco σπλαγχνίζομαι (splanchnizomai) è molto forte a livello emotivo. Indica una risposta calda e compassionevole a un bisogno. È difficile da tradurre: compassione, pietà, simpatia ne trasmettono qualcosa. Ma “il suo cuore era con loro” esprime forse più compiutamente la reazione istintiva che il verbo implica. In Matteo (cfr 14,14, 15,32, 18,27, 20,34), il verbo non si riferisce solo a un’emozione o ad un sentimento, ma indica anche una risposta pratica ad una necessità. In questo caso Gesù guarisce i malati e poi sfama la folla. L’emozione si traduce in un’azione benevola ed efficace. Questo verbo è come un riassunto del Vangelo in una parola.

[10]  Vedi 1 Timoteo 4,10: “Per questo infatti noi ci affatichiamo e combattiamo, perché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente, che è il Salvatore di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono.”

[11]  Vedi Ebrei 6,19

[12]  Vedi 1 Tessalonicesi 5,8

[13]  Il Sinodo sulla Sinodalità ha permesso alla Chiesa cattolica di riconoscere e valorizzare la diversità che già esiste al suo interno. Importante è stato il ruolo dei delegati delle altre Chiese in questo Sinodo. Non è questa una nuova speranza per la vocazione ecumenica nel cammino verso l’unità di tutti coloro che amano Cristo?

[14]  Taizé è stata fondata in tempo di guerra. La “parabola di comunione” che cerchiamo di vivere come fratelli di Chiese, Paesi, culture ed epoche diverse ha bisogno di una cura costante per essere segno di speranza di fronte alle divisioni della famiglia umana.

[15]  Vedi Romani 8, 21-23

[16]  Di fronte alla sfida del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità, come fare per prenderci maggiormente cura della nostra casa comune dove tutto è collegato?

[17]  Continuiamo nella nostra comunità di Taizé l’opera della verità di fronte alle accuse di abusi e aggressioni mosse contro alcuni fratelli. Il coraggio delle persone che hanno sofferto e hanno parlato apertamente dovrebbe ispirarci a cercare sempre di imparare da loro. Così spesso cercano con perseveranza una nuova speranza e una nuova vita. Ci motivano a fare tutto il possibile (vedi www.taize.fr/protection) per rendere gli incontri, a Taizé e altrove, sicuri per tutti e anche per sensibilizzare su questi temi. Siamo anche grati per il lavoro della “Commission Reconnaissance et Réparation“ (vedi www.reconnaissancereparation.org) per l’ascolto delle vittime e per la sua mediazione.

[18]  “Credo che la speranza sia legata alla verità. Finché non accettavo la prospettiva della morte, non potevo avere speranza. Questo vale per tutte le situazioni. Come cristiani, possiamo avere la tendenza a fuggire le situazioni che ci provocano disperazione – politicamente, ecologicamente, umanamente… È normale che questo ci ripugna, mi sembra però che la speranza ci spinga a stare proprio lì, nel realismo di queste situazioni, guardarle con sincerità. Georges Bernanos parla molto della speranza come virtù eroica. È una virtù che spinge all’azione, non alla fuga, a lottare per ciò che si sa o si crede essere buono. La speranza ci conduce verso la promessa di Dio.” (Clémence Pasquier, intervista raccolta da Clémence Houdaille, La Croix, 11 ottobre 2024)

[19]  Nella lingua kikuyu (gĩkũyũ), uno degli attributi di Dio è “degno di speranza”: Dio è Colui nel quale possiamo riporre la nostra speranza. Mwĩhoko: speranza; wĩhokeku: la qualità di essere degni di speranza; mwĩhokeku: degno di speranza. Quindi: Ngai nĩ mwĩhokeku - Dio è degno di speranza.

[20]  «Se la speranza implica misurarsi con i pericoli attuali, essa insegna anche a vivere il presente e a credere nel futuro, senza soffermarsi sul passato e abbandonando ogni risentimento. È, infine, ciò di cui la nostra anima ha fame e la cui assenza ci rende amareggiati o violenti. Come l’amore nel Cantico dei Cantici, la speranza ridona vita al nostro corpo che il desiderio aveva abbandonato.” (Corine Pelluchon dans L’espérance, ou la traversée de l’impossible, Éditions Payot & Rivages, Paris, 2023, p.13-14)

[21]  “Ciò che illumina la nostra tragica esistenza umana è la persona in croce, che soffre come noi, che è ridotta al nulla... Non guardiamo a Gesù come un semplice esempio da seguire, non cerchiamo di idolatrarlo. Vediamo Gesù come il Dio che prende forma umana, soffre e piange con noi”. (Kwok Pui Lan, teologo di Hong Kong, God Weeps with Our Pain, in New Eyes for Reading: Biblical and Theological Reflections by Women from the Third World, a cura di John S. Pobee e Barbel von Wartenberg-Potter, Meyer Stone Books, Bloomington, IN, 1987, pag.

[22]  Vedi Giovanni 12,32

[23]  “Vi lascio la mia pace, vi do la mia pace” (Gv 14,27). È caratteristica di chi è pienamente maturo non lasciarsi commuovere facilmente dalle cose del mondo, turbato dalla paura, agitato dal sospetto, scosso dal terrore, reso inquieto dal dolore, ma restare fermo nella calma della fede, come su una riva salda e sicura, di fronte al diluvio minaccioso e alle tempeste del mondo. È questa fermezza che Cristo ha portato nello spirito dei cristiani, infondendo in loro la pace interiore concessa a chi ha attraversato le prove.” (Ambrogio da Milano, Trattato III, Di Giacobbe e la vita beata 6, 28, citato in Soyons l’âme du monde, Les Presses de Taizé, 1998 e 2025, p.109)

[24]  Vedi www.taize.fr/pilgrims-of-peace

[25]  Vedi Salmo 85, 10 “Amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno.”

Ultimo aggiornamento: 29 dicembre 2024