TAIZÉ

La morte di frère Roger : perché?

 

In molti dei messaggi che abbiamo ricevuto l’anno scorso, la morte di frère Roger è stata paragonata a quella di Martin Luther King, di Mons. Romero o di Gandhi. Tuttavia, non possiamo negare come vi sia anche una diversità, in quanto questi ultimi si situavano all’interno di una lotta di origine politica, ideologica, e sono stati assassinati da degli avversari che non potevano sopportare le loro opinioni e la loro influenza.

Qualcuno dirà che è vano cercare una spiegazione all’assassino di frère Roger. Il male rifugge sempre ogni spiegazione. Un giusto dell’Antico Testamento diceva che lo odiavano “senza motivo” e San Giovanni ha posto questa stessa affermazione in bocca a Gesù: “Mi hanno odiato senza motivo”.

Tuttavia, avendo vissuto accanto a frère Roger, un aspetto della sua personalità mi ha sempre colpito e mi domando se non sia questo che spieghi perché egli sia stato preso di mira. Frère Roger era un innocente. Non nel senso che non vi fossero colpe in lui, ma l’innocente come colui per il quale le cose hanno un’evidenza ed un’immediatezza che non hanno per gli altri. Per l’innocente la verità è evidente, non dipende da dei ragionamenti. Egli la “vede”, per così dire, e gli fa fatica rendersi conto che altri abbiano un approccio più macchinoso. Ciò che dice è per lui semplice e chiaro e egli si stupisce che altri non lo colgono come tale. Comprendiamo facilmente come egli si trovi spesso disarmato o si senta vulnerabile. Dunque la sua innocenza non ha in genere nulla d’ingenuo. Per lui il reale non presenta la stessa opacità che per gli altri. Egli “vede attraverso”.

Prendiamo l’esempio dell’unità dei cristiani. Per frère Roger era evidente che, se tale unità era stata voluta da Cristo, essa doveva poter essere vissuta senza tardare. Le argomentazioni che gli venivano contrapposte dovevano sembrargli artificiose. Per lui l’unità dei cristiani era soprattutto una questione di riconciliazione. E in fondo aveva ragione, perché noi ci domandiamo troppo poco se siamo pronti a pagare il prezzo di tale unità. Una riconciliazione che non ci tocchi nella nostra carne, merita ancora di essere chiamata tale?

Si diceva di lui che non avesse un “pensiero teologico”. Ma non vedeva molto più chiaro lui di coloro che affermavano ciò? Da secoli i cristiani hanno avuto bisogno di giustificare le loro divisioni. Essi hanno artificialmente ingrandito le loro contrapposizioni. Senza rendersene conto, sono entrati in un processo di rivalità ed è loro sfuggita l’evidenza di tale fenomeno. Non hanno “visto attraverso”. L’unità appariva loro impossibile.

Frère Roger era un uomo realista. Teneva conto di ciò che permane irrealizzabile, soprattutto dal punto di vista istituzionale. Ma non potevo fermarsi di fronte a questo. Quell’innocenza gli donava una forza persuasiva molto particolare, una sorte di dolcezza che non si dava mai per vinta. Fino alla fine egli ha concepito l’unità dei cristiani come un problema di riconciliazione. Ora, la riconciliazione è un passo che ogni cristiano può fare. Se tutti lo facessero effettivamente, l’unità sarebbe assai vicina.

V’era un altro campo in cui questo approccio di frère Roger era evidente e ove cogliamo forse ancora meglio la sua personalità con ciò che aveva di radicale: tutto ciò che poteva sollevare un dubbio sull’amore di Dio gli risultava insopportabile. Qui ci rendiamo conto della comprensione così immediata che egli aveva delle cose di Dio. Non si trattava del fatto che egli si rifiutasse di riflettere, ma egli risentiva fortemente in se stesso che un certo linguaggio che si crede giusto – per esempio sull’amore di Dio – in realtà oscura ciò che i meno consapevoli si attendono da un tale amore.

Il fatto che frère Roger abbia insistito molto sulla profonda bontà dell’essere umano, va visto nella stessa luce. Egli non si faceva illusioni sul male: era di natura piuttosto vulnerabile, ma aveva la certezza che se Dio ama e perdona, ciò significa che egli non tornerà più sul male commesso. Ogni vero perdono risveglia il fondo del cuore umano, quel fondo che è fatto per la bontà.

Paul Ricœur è stato colpito da questo accento posto sulla bontà. Un giorno, a Taizé, ci ha detto che vedeva il senso della religione proprio nel “liberare il fondo di bontà degli uomini, cercarlo là ove esso è completamente sepolto”. Nel passato, una certa predicazione cristiana ha insistito incessantemente sulla natura umana intrinsecamente malvagia. Lo scopo era assicurare la completa gratuità del perdono. Ma tale predicazione ha allontanato dalla fede molte persone: anche se esse sentivano parlare dell’amore, avevano l’impressione che quell’amore avesse delle riserve e che il perdono annunciato non fosse totale.

L’aspetto più prezioso dell’eredità di frère Roger forse sta proprio in questo: questo senso dell’amore e del perdono, due realtà che avevano per lui un’evidenza e che egli coglieva con un’immediatezza che a noi spesso sfuggiva. In questo campo, egli era veramente l’innocente, sempre semplice, disarmato, sapendo leggere nel cuore altrui e capace di un’estrema fiducia. Il suo sguardo così bello traduceva tutto ciò. Se egli si trovava così bene con i bambini, era perché essi vivono le cose con la stessa immediatezza; essi non si possono proteggere e non possono credere a ciò che è complicato; il loro cuore va dritto a ciò che li colpisce.

Il dubbio non ha mai abbandonato frère Roger. È per questo che egli amava le parole “Non lasciare che le mie tenebre mi parlino!” Le tenebre significavano le insinuazioni del dubbio. Ma il dubbio non intaccava l’evidenza con la quale egli percepiva l’amore di Dio. Può essere persino che proprio questo dubbio reclamasse un linguaggio che non lascia spazio ad alcuna ambiguità. L’evidenza di cui parlo non si situava a livello intellettuale, ma più in profondità, a livello del cuore. E come tutto ciò che non si può proteggere mediante dei ragionamenti convincenti o delle certezze saldamente costruite, questa evidenza era necessariamente fragile.

Nei Vangeli, la semplicità di Gesù disturba. Alcuni dei suoi ascoltatori si son sentiti mettere in discussione. Era come se venissero svelati i pensieri del loro cuore. Il linguaggio chiaro di Gesù e il suo modo di leggere nei loro cuori costituivano per loro una minaccia. Un uomo che non si lascia rinchiudere nei conflitti, appare pericoloso per taluni. Un tale uomo affascina, ma il fascino può facilmente divenire ostilità.

Frère Roger ha sicuramente affascinato con la sua innocenza, la sua capacità immediata di percepire, il suo sguardo. Ed io penso che egli abbia visto negli occhi di qualcuno che il fascino avrebbe potuto trasformarsi in sfiducia o in aggressività. Per qualcuno che porta in sé dei conflitti irrisolvibili, quell’innocenza è dovuta divenire insopportabile. Allora non bastava insultare l’innocente, bisognava eliminarlo. Il dottor Bernard de Senarclens ha scritto: “Se la luce è troppo vivida, ed io penso che quella che emanava da frère Roger potesse abbagliare, non è sempre facile sopportarla. In questo caso, non resta che la soluzione di spegnere quella sorgente di luce, sopprimendolo”.

Ho voluto scrivere questa riflessione perché permette di capire un aspetto dell’unità di vita di frère Roger. La sua morte ha misteriosamente posto un sigillo su ciò che egli è sempre stato. Poiché egli non è stato ucciso per una causa che difendeva. Egli è stato ucciso a causa di ciò che era.

Frère François di Taizé

Ultimo aggiornamento: 15 agosto 2006