TAIZÉ

Meditazioni di frère Alois

 
Ogni giorno durante l’incontro europeo, frère Alois ha parlato ai partecipanti. I testi sono qua.

Frère Alois, Valencia, giovedì sera 31 dicembre 2015

Abbiamo ricevuto un’accoglienza così generosa a Valencia! Vorrei ringraziare le famiglie, le parrocchie, i responsabili delle Chiese, quanti nell’amministrazione della città, della comunità valenciana e dello Stato che hanno permesso un buon svolgimento del nostro incontro.

Ogni sera vi ho parlato della Siria e in molti si chiedono: che cosa possiamo fare di fronte alla violenza? La risposta che ho sentito laggiù è stata: ciò che possiamo fare è esprimere che Dio non vuole la violenza, ma che Egli è amore. Dobbiamo esprimerlo non solo a parole, ma con le nostre vite.

Mostriamo che la Chiesa è una comunità d’amore rimanendo aperti a coloro che vivono attorno a noi, esercitando l’ospitalità, difendendo gli oppressi, condividendo quel che abbiamo.

Per introdurre nelle nostre società un po’ più di fraternità, siamo sostenuti da segni di speranza. Uno di essi, sono le sempre più numerose iniziative di condivisione, per esempio con coloro che conoscono la dura prova della disoccupazione o con i migranti.

A Taizé, siamo contenti d’aver potuto recentemente offrire un alloggio sulla nostra collina a una famiglia cristiana dell’Iraq. Sono qui a Valencia con noi.

Alloggiamo anche undici migranti mussulmani sudanesi e afgani. A un pranzo ci hanno detto che condannano quanti usano l’Islam per commettere atrocità.

Un così semplice contatto con dei mussulmani cambia il nostro modo di vedere. Come cristiani vorremmo cercare in che modo Dio è presente anche nelle altre religioni. E con esse dobbiamo affermare che è impossibile giustificare la violenza nel nome di Dio.

Un altro segno di speranza: sono numerosi quelli che sanno che la fraternità e la misericordia devono essere estese al nostro meraviglioso pianeta, a tutta la creazione. La terra è la nostra casa comune. La nostra solidarietà con tutta la creazione è anche un modo di cercare la pace.

Lo sfruttamento delle risorse della terra senza tenere conto della solidarietà con le generazioni future è un’ingiustizia ed egoismo. Ciascuno può contribuire a creare un futuro di pace condividendo, scegliendo per questo uno stile di vita sobrio.

Perseveriamo nella preghiera per la pace! Potremmo tutti noi, ogni domenica sera, sostare una mezzora in silenzio in una chiesa? Una mezzora consacrata in parte ad affidare a Dio paesi e persone che soffrono per la violenza e in parte ad accogliere la pace di Cristo in noi.

Vorremmo che il nostro pellegrinaggio di questi giorni partecipi alla costruzione dell’Europa con tutta la sua bella diversità, in questo tempo in cui il dubbio rischia di stabilirsi: un’Europa i cui popoli siano più solidali gli uni con gli altri, un’Europa più solidale con gli altri continenti.

Quest’anno, noi fratelli, vorremmo vivere un nuovo segno di questa solidarietà tra i continenti. A partire da febbraio, due fratelli andranno a vivere a Cuba e così costituire una piccola fraternità d’accoglienza e di condivisione. Sono contento di annunciare qui questa notizia, poiché la Spagna è sempre stata vicina a Cuba.

Di ritorno a casa, tutti aspiriamo a essere testimoni di pace attorno a noi. Ricordiamoci: ciascuna delle nostre vite può diventare come una piccola luce di pace che brilla nelle tenebre, anche se la fiamma talvolta può sembrare debole.

Con la sua misteriosa presenza, Cristo Risorto ci accompagna. Umilmente come a Pietro nel Vangelo ci domanda: «Mi ami tu ?». E come Pietro vorremmo rispondergli: «Tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene».

Frère Alois, Valencia, mercoledì sera 30 dicembre 2015

Vivendo il Natale in Siria, ho meglio compreso quanto, per la popolazione di tutto questo paese, sia provante sapere che le zone di combattimento sono mai molto lontane. La gente si è abituata a sentire le bombe.

Stasera, vorrei riferirvi la parola più forte che ho sentito in Siria. Proviene da un giovane. Egli mi ha detto: «Dica in Europa, dica all’incontro di Valencia, che la maggioranza delle persone in Siria ha vissuto da sempre e vuole continuare a vivere insieme, tra religioni differenti».

E questo giovane siriano ha concluso con tristezza: «Ma la nostra voce non è ascoltata. Il rumore delle armi è più forte».

Di fronte alla violenza, ovunque si manifesti, certuni arrivano a chiedersi: dov’è Dio? Dio è lì, egli soffre con le vittime. Tocca a noi esserne i testimoni, per mezzo della compassione e la misericordia.

Talvolta ci lasciamo ipnotizzare dalla paura. Resistere alla paura non vuol dire che essa debba scomparire, ma che non dobbiamo essere paralizzati da essa.

È la fraternità ristabilita tra gli umani la sola via futura per preparare la pace. Non dobbiamo permettere che il rifiuto dell’altro s’introduca nei nostri cuori poiché esso è il germe della barbarie.

La fraternità è il cammino aperto da Gesù, egli ne parla nella parabola del Buon Samaritano che abbiamo letta e che è raffigurata nell’icona della misericordia che sta davanti a noi.

Noi cristiani formiamo insieme la Chiesa visibile, ma crediamo che il Vangelo crea una comunione più ampia: nel cuore di Dio tutti gli umani costituiscono una sola famiglia. Abbiamo pienamente accettato il pluralismo di questa famiglia umana? Altrimenti, non potremmo pretendere una fraternità universale.

Domani, voi cercherete come espandere la misericordia alle sue dimensioni sociali: come andare oltre la paura dello straniero, delle differenze di cultura, come contribuire a plasmare il volto nuovo che i migranti danno alle nostre società?

Accogliendo a Taizé, di settimana in settimana, giovani da tutti gli orizzonti, animando un «un pellegrinaggio di fiducia sulla terra» con incontri su tutti i continenti, noi cerchiamo di vivere questa fraternità universale che prepara la pace.

La prossima estate, dopo le settimane d’incontri a Taizé, avremo un incontro in Africa. Sarà importante ascoltare ciò che lo Spirito Santo dirà attraverso la giovane generazione africana segnata da una tale vitalità. Qualche migliaia di giovani dell’Africa occidentale si riuniranno – e giovani di altri continenti sono invitati a raggiungerli – dal 31 agosto al 4 settembre in Benin, a Cotonou. Salutiamo, presenti in mezzo a noi, due cappellani di giovani cattolici e protestanti del Benin.

E alla fine dell’anno 2016 ci sarà il 39° incontro europeo di giovani.

Frère Alois, Valencia, martedì sera 29 dicembre 2015

All’inizio della preghiera:

Da diversi anni, abbiamo ricevuto l’invito di un incontro europeo a Valencia. Un anno fa, annunciando che quest’anno sarebbe stato possibile, dicevo ai giovani spagnoli : Voi siete figlie e figli spirituali di Teresa d’Avila, della quale si celebra il 500° anniversario , e anche di san Giovanni della Croce. Essi hanno risvegliato una vita mistica in Spagna. A sua volta la vostra generazione è chiamata ad accendere nel vostro paese il fuoco di una fede rinnovata.

Ci piace venire in Spagna per ricevere questo fuoco e che arda attraverso l’Europa. Ci piace venire in Spagna per scoprire tutta la ricchezza della diversità delle sue regioni. Un grazie all’Arcivescovo, il caro cardinale Cañizares, e a tutta la Chiesa di Valencia d’accoglierci così bene. Ora il Cardinale ci parlerà e poi vi dirò ancora alcune parole al termine della nostra preghiera.

Al termine della preghiera:

Ieri sera vi ho raccontato come ho vissuto il Natale in Siria. Prima di andare in Siria, sono stato in Libano. Paese che è sommerso di rifugiati: circa due milioni su quattro milioni di abitanti.

Nella valle della Bekaa, abbiamo visitato dei campi di fortuna. Come in Siria, sono rimasto impressionato dalla preoccupazione che tutti hanno per i bambini. In un campo, i rifugiati hanno improvvisato essi stessi delle scuole, comprese quelle per i piccolini. Diverse volte ho sentito quanto l’educazione dei bambini fosse per loro una priorità.

Un’altra priorità è quella di vivere insieme con le loro diversità. Il Libano ci manda questo messaggio: è possibile vivere insieme tra religioni differenti. Questo paese è fondato sul rispetto reciproco. Anche dopo prove giunte fino alla guerra civile, i Libanesi sono sempre ritornati a questo ideale. Preghiamo con loro affinché possano continuare.

Oggi, a ciascuno di voi è stato proposto di affidarsi alla misericordia di Dio che resterà per sempre una sorgente zampillante. Dedicando il prossimo anno a cercare come vivere la misericordia, unendoci così all’anno della misericordia indetto da papa Francesco, vorremmo scoprire che la Chiesa è innanzitutto una comunità di amore e perdono. Approfondirete questo domani mattina.

Certo, le nostre comunità, le nostre parrocchie, i nostri gruppi, rimangono spesso lontani da ciò che noi sogniamo. Ma lo Spirito Santo è presente nella Chiesa e ci fa avanzare sulla via del perdono.

La misericordia e la compassione sono valori del Vangelo che possono essere una risposta alle prove delle nostre società, la misericordia e la compassione sono capaci di disinnescare la spirale della violenza tra gli umani. Molti cristiani nel mondo danno la loro vita per la riconciliazione e la pace. Nella storia dei cristiani, molti martiri hanno invitato all’amore e al perdono.

Perdonare è una parola che non si presenta sempre sulle nostre labbra. Ci sono anche delle situazioni in cui non possiamo perdonare. Però possiamo almeno affidare a Cristo coloro che fanno del male e dire come lui quando era sulla croce : «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».

Affinché la Chiesa diventi sempre più una comunità d’amore e riconciliazione, noi cristiani siamo spinti a trovare una risposta a questa domanda: come far vedere che l’unità è possibile nel rispetto del pluralismo?

Per avanzare verso una riconciliazione dei cristiani, è essenziale conoscersi meglio, non solo in occidente, ma tra cristiani d’oriente e occidente. Ecco perché a più riprese, con alcuni fratelli e con dei giovani di diversi paesi, siamo andati in pellegrinaggio a Istanbuk, a Mosca, Minsk, Kiev e Leopoli.

Questi pellegrinaggi sono stati così positivi che faremo nell’anno che viene un’altra visita simile, questa volta in Romania. Il Patriarca Daniel ha dato il suo consenso affinché, dal 28 aprile al 1° maggio 2016, con 150 giovani, possiamo partecipare alle celebrazioni pasquali ortodosse a Bucarest.

Sappiamo che, come cristiani, abbiamo un dono specifico per preparare cammini di pace e di fiducia sulla terra? Noi siamo il Corpo di Cristo e una comunione tra coloro che seguono Cristo può diventare un segno credibile di riconciliazione in mezzo agli umani.

Frère Alois, Valencia, lunedì sera 28 dicembre 2015

Per ciascuna e ciascuno di noi, è una gioia essere arrivati qui e trovarci tutti insieme in questa bella città di Valencia. Un grazie a coloro che ci accolgono. Vorrei sin da questa sera ringraziare in valenziano: (in valenziano) Un grazie ai giovani e meno giovani della città e della regione, un grazie alle famiglie e alle parrocchie, siamo colpiti dal calore dei vostri cuori.

Sono arrivato sabato direttamente dalla Siria dove ho trascorso il Natale. Prima sono stato in Libano, dove ho raggiunto due miei fratelli che erano là da due mesi. Il Medio Oriente non è lontano e quanto vi succede ha un impatto su noi in Europa.

Tutti quelli che ho incontrato in Siria mi hanno detto : “Pregate per noi”. Ascoltiamo il loro appello e affidiamo a Dio quanti soffrono a causa della violenza in Medio Oriente. Portiamo in noi le domande forti che pongono: Perché tutta questa violenza? E Dio dov’è?

Ho trascorso il Natale nella città siriana di Homs. La distesa di distruzioni è inimmaginabile. Una gran parte della città è solo delle rovine. È una città fantasma. Ci sono ora alcune famiglie che ritornano e cercano una sistemazione tra quelle rovine, senz’acqua né elettricità.

Nel centro di Homs, davanti alla cattedrale greco-cattolica distrutta, i parrocchiani hanno celebrato la festa di Natale per i loro bambini. I giovani avevano preparato dei doni. I bambini cantavano. Raramente ho vissuto una festa di Natale in cui il messaggio di pace del Vangelo fosse così sentito.

A Natale ci ricordiamo che Gesù è venuto per testimoniare la misericordia infinita di Dio. La violenza si è scatenata contro di lui, ma non ha potuto vincere il suo amore.

Oggi, su tutta la terra, nuovi disagi, migratori, ecologici, sociali, interpellano i credenti delle diverse religioni e i non credenti, ed esigono nuove solidarietà.

Senza perdere il senso della realtà, ma resistendo alla paura, vorremo chiedere a Dio: mostraci come senza aspettare possiamo contribuire, vicino e lontano, a far risplendere la tua pace nell’umanità e in tutta la creazione.

Che cosa possiamo fare di fronte ai conflitti? Quando sono scoppiati, spesso è troppo tardi fare qualcosa. La spirale dell’odio e della rivendicazione è estremamente difficile da interrompere. Le ferite sono troppo profonde perché i cuori possano rasserenarsi.

Come meglio aprire i nostri occhi sul modo in cui i conflitti si preparano? Sono i cuori che hanno bisogno di cambiare. La pace deve scaturire da una sorgente profonda. Questa sorgente si trova nella pace che Dio ci comunica. Sì, la pace mondiale inizia nei nostri cuori.

Per diventare donne e uomini di pace occorre coraggio. È il coraggio del Vangelo, il coraggio della misericordia che ci spinge ad aprire il nostro cuore a ogni essere umano senza condizioni.

Durante questi giorni a Valencia, e per tutto l’anno che incomincia, cercheremo insieme come svegliare in noi il coraggio della misericordia. Per questo sono offerte a ciascuno cinque proposte concrete. Si trovano nel libretto che avete ricevuto.

Domani condividerete sulla prima proposta, quella che conduce verso la sorgente: come affidarci a Dio che è misericordia? Nella parabola di Gesù che abbiamo letto questa sera, il figlio si è prima allontanato da suo padre, ma poi ritorna da lui, si affida a lui e scopre nell’accoglienza di suo padre un’immagine della misericordia senza limiti di Dio. Lì sta la nostra sorgente.

Ultimo aggiornamento: 31 dicembre 2015