Mi ricordo di un giovane intellettuale giapponese venuto a sostenere una tesi a Parigi su Nicolaj Berdjaev e gli intellettuali russi di inizio secolo, che erano stati dapprima adepti del marxismo e che alla fine se ne erano allontanati. Gli domandai perché aveva scelto questo tema e mi rispose: “Anch’io ero marxista, ma ormai ho smesso di esserlo”. Avemmo uno scambio di opinioni e gli posi la seguente domanda: “Questo la conduce ad approfondire il buddismo o lo scintoismo?”. “No, non mi interessano”, mi rispose. “Ciò che mi interessa è un cristianesimo come quello di Berdjaev: un cristianesimo che permetterà di avere al tempo stesso un’esperienza spirituale profonda e di aprirsi al mondo in un modo creativo”.
Questo legame tra un’esperienza spirituale profonda e un’apertura creatrice sul mondo è al centro degli incontri animati a Taizé, articolati da numerosi anni attorno al tema “Vita interiore e solidarietà umana”. E la nostra meta deve essere proprio questo cristianesimo: infatti più si diventa persone di preghiera, più si diventa persone di responsabilità. La preghiera non libera dagli obblighi di questo mondo; rende ancora più responsabili. Non c’è nulla di più responsabile del pregare. È davvero importante comprenderlo e farlo comprendere ai giovani. La preghiera non è un divertimento, non è una specie di droga per la domenica, ma ci impegna nel mistero del Padre, nel potere dello Spirito santo, attorno a un Volto che ci rivela ogni volto e ci rende servitori di ogni volto.
Se diventare servitori di ogni volto può prendere la forma concreta di una presenza accanto a coloro che soffrono per abbandono, per povertà – com’è il caso, per esempio, di una ventina di fratelli di Taizé che vivono in quartieri poveri di altri continenti –, questo ci chiama anche a essere persone inventive, creatrici in ogni campo, compreso quello economico, quello di una civiltà planetaria, quello culturale, ecc.
Il cristianesimo deve essere creatore e lo è stato storicamente in modo prodigioso. Per rendersene conto, basta guardare le chiese romaniche dei villaggi di campagna, senza parlare di Notre-Dame a Parigi o dell’icona della Trinità dipinta da Rublëv! Che creazione imponente! E non è necessaria un’etichetta per creare. Dostoevskij non diceva di essere un romanziere cristiano. Tuttavia è fra coloro che hanno fatto compiere un incredibile passo avanti alla sensibilità, al pensiero e, aggiungerei anche, alla teologia cristiana. Sono in tanti a leggerlo ai nostri giorni, è uno dei “padri” della modernità, allo stesso livello di Freud, di Nietzsche e, ieri, di Marx.
Quindi tocca ai cristiani ricominciare e continuare questa creazione nel mondo com’è, senza lamentarsi. Il mondo non ha bisogno di cristiani piagnucolosi, ma di cristiani creatori.