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In memoria di Giovanni Paolo II
 

Un animo attento a preparare un avvenire di pace

Le relazioni di Taizé con il futuro Papa Giovanni Paolo II risalgono a quarantatre anni fa. Frère Roger incontrò Karol Wojtyla nel 1962, al Concilio Vaticano II, quando era giovane vescovo ausiliare di Cracovia. La mattina, prima degli incontri conciliari, l’uno e l’altro andavano a pregare in una cappella della basilica di San Pietro ed è lì che fecero conoscenza. Allora i fratelli di Taizé invitarono il vescovo a pranzo nel loro alloggio di Roma.

Come arcivescovo di Cracovia, Mons. Wojtyla si recò due volte a Taizé, nel 1964 e 1968. Più tardi, a diverse riprese, a frère Roger venne chiesto di parlare al pellegrinaggio annuale dei minatori della Silesia, in Polonia. Il cardinale Wojtyla aveva presieduto quel pellegrinaggio e aveva accolto i fratelli alloggiandoli in casa sua, a Cracovia.

Divenuto Papa nel 1978, ogni anno Giovanni Paolo II ricevette frère Roger in udienza privata fino allo scorso scorso, e una volta addirittura in ospedale quando fu ricoverato dopo l’attentato nel 1981. Accolse a Roma le migliaia di giovani durante tre incontri europei di fine anno.

In occasione di uno dei suoi viaggi in Francia, il Papa passò da Taizé il 5 ottobre 1986. Questa Lettera racconta la sua visita.

Dopo la morte del Papa

Testimonianza di frère Roger

Papa Giovanni Paolo II ha riacceso una speranza in tanti giovani. Ha risvegliato moltitudini di persone a una fiducia in Dio. Il cuore è colmo di gratitudine per il ministero di comunione e di pace che egli ha esercitato per oltre ventisei anni.

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È nel 1962, al Concilio Vaticano II, che conobbi colui che, sedici anni dopo, sarebbe diventato Papa.

Giovanni Paolo II mi riceveva ogni anno in udienza privata e mi capitava allora di pensare alle prove della sua vita: nella sua infanzia aveva perso la madre, nella gioventù suo padre e il suo unico fratello. E mi dicevo di cercare una parola per rallegrare, e anche consolare, il suo cuore parlandogli di una speranza che scoprivamo nei giovani, e esprimendogli la fiducia che la nostra comunità aveva per lui.

Consumato dal fuoco di un amore per la Chiesa e per la famiglia umana, Giovanni Paolo II faceva tutto per comunicare questa fiamma. Donò un nuovo slancio allo spirito di comunione, innanzittutto visitando la maggior parte dei Paesi del mondo per incontrare gli esseri umani, talvolta per interpellarli, spesso per comunicare loro la compassione di Dio. I suoi oltre cento viaggi rivelano chiaramente il suo animo così attento a preparare un avvenire di pace.

Domenica 5 ottobre 1986

La visita di Giovanni Paolo II a Taizé

Papa Giovanni Paolo II ha deciso di fare tappa a Taizé durante il suo viaggio in Francia. Il Papa si trova a Lione dal giorno precedente e dovrà anche recarsi a Paray-le-Monial, Ars e Annecy.

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Dei tendoni sono stati installati davanti alla Chiesa della Riconciliazione. Settemila giovani sono giunti. Per tutta la notte, molti di loro si sono alternati per una preghiera continua, silenziosa, durata fino al mattino. Alle 8.30, dopo aver cantato a lungo con i giovani, i fratelli sono usciti di chiesa per accogliere il Papa. Una fitta nebbia ricopre tutta la regione. Gli elicotteri non hanno potuto alzarsi in volo. Il Papa è venuto da Lione su una macchina ordinaria.

Passando sotto le campane, la nebbia impedisce a Giovanni Paolo II di vedere che, sulla più grossa delle cinque campane, erano state incise, a ricordo della sua visita, le parole che pronunziò all’inizio del suo ministero: «Non abbiate paura, spalancate le porte a Cristo!».

Varcando la soglia della chiesa della Riconciliazione, Giovanni Paolo II prende posto su una poltrona di legno impagliata. Frère Roger, circondato da alcuni bambini, gli esprime brevi parole d’accoglienza. Poi il Papa si rivolge ai giovani. Spiega loro perché è venuto a Taizé e che cosa la Chiesa si aspetta da loro:

La Chiesa ha bisogno del vostro entusiasmo

«(…) Come voi, pellegrini e amici della comunità, il Papa è di passaggio. Ma si passa a Taizé come si passa accanto ad una fonte. Il viaggiatore si ferma, si disseta e continua il cammino. I fratelli della comunità, lo sapete, non vogliono trattenervi. Vogliono, nella preghiera e nel silenzio, permettervi di bere l’acqua viva promessa da Cristo, di conoscere la sua gioia, di discernere la sua presenza, di rispondere alla sua chiamata, poi di ripartire a testimoniare il suo amore e servire i fratelli nelle vostre parrocchie, città o paesi, nelle vostre scuole, università, e in tutti i vostri luoghi di lavoro.
Oggi, in tutte le Chiese e comunità cristiane e anche tra i più alti responsabili e politici del mondo, la comunità di Taizé è conosciuta per la fiducia sempre colma di speranza che ha nei giovani. È anzitutto perché condivido questa fiducia e questa speranza che sono qui questa mattina.

Cari giovani, per portare al mondo il gioioso annuncio del Vangelo, la Chiesa ha bisogno del vostro entusiasmo e della vostra generosità. Lo sapete, agli adulti capita, dopo il cammino difficile o le prove che hanno conosciuto, di essere presi dal timore o dalla stanchezza e di lasciare che si spenga lo slancio che è lo specifico di ogni vocazione cristiana. Capita anche che le istituzioni, a causa della routine o delle deficienze dei loro membri, non siano più sufficientemente al servizio del messaggio evangelico. La Chiesa ha allora bisogno della testimonianza della vostra speranza e del vostro ardore per compiere meglio la propria missione.

Non accontentatevi di criticare passivamente o di aspettare che le persone o le istituzioni siano migliori. Andate verso le parrocchie, i diversi movimenti e comunità, e portate loro pazientemente la forza della vostra giovinezza e i talenti che avete ricevuto. Portate il vostro fiducioso sostegno ai ministri della Chiesa, sono i vostri servi nel nome di Gesù, e a questo titolo avete bisogno di loro. La Chiesa ha bisogno della vostra presenza e della vostra partecipazione. Se rimanete all’interno della Chiesa, certamente vi scontrerete a volte con le divisioni, con le tensioni interne e le miserie dei suoi membri, ma riceverete da Cristo, che ne è il Capo, la sua Parola di Verità, la sua Vita, il Soffio dell’amore che vi permetterà di amarlo fedelmente e di realizzare la vostra vita rischiandola in un gioioso dono per gli altri. (…)».

Dopo aver finito di parlare, il Papa s’inginocchia per alcuni istanti di preghiera in mezzo ai fratelli. Tutti cantano: «Laudate omnes gentes, laudate Dominum» («Lodate il Signore popoli tutti»).

Mentre i giovani continuano a cantare in chiesa e nei tendoni, il Papa scende in una stanza attigua per incontrare i fratelli. Li saluta uno dopo l’altro poi si rivolge a tutta la comunità.

Oggi siete diventati ancora più giovani

Il Papa ricorda ai fratelli che conosce personalmente la comunità da molto tempo: «Vi ho visitati quando eravate più giovani. Ma oggi siete diventati ancora più giovani». Si ricorda dei viaggi di frère Roger in Polonia, e delle sue parole sulla Vergine Maria e sul ministero del pastore universale. Allora Giovanni Paolo II «evidentemente si sente obbligato, non esteriormente ma nel suo cuore, a venire a visitarvi». Facendo allusione ai due incontri europei di giovani a Roma, il papa aggiunge: «Roma è sempre aperta alla vostra visita con i giovani».

Poi il Papa lascia alla comunità un messaggio scritto che tocca profondamente i fratelli. Frère Roger inserirà questo messaggio nelle Fonti di Taizé, libro che riassume le intuizioni essenziali della vita della comunità.
L’ora della partenza è giunta. Giovanni Paolo II esce, si avvicina alla macchina, poi decide improvvisamente di ritornare in chiesa per salutare i giovani un’ultima volta: «Devo confessarvi che vi lascio» dice loro il Papa. « E con tristezza. Ma il Papa deve obbedire! Ha molti superiori!». Le risa prorompono seguite dagli applausi; i canti riprendono accompagnando la partenza del Papa.

Ultimo aggiornamento: 28 aprile 2005

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