Testo biblico con commento
Maggio
Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. Cosicché in noi agisce la morte, in voi la vita. Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, per la gloria di Dio. Per questo non ci scoraggiamo, ma, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne. (2 Corinzi 4, 7-18)
Il mistero pasquale, il passaggio attraverso la sofferenza e la morte a una vita nuova ed eterna, sta al centro della fede cristiana. È stato manifestato in pienezza nell’esistenza di Gesù di Nazareth, “costituito Figlio di Dio con potenza ... in virtù della risurrezione dai morti” (Romani 1,4). Ma questo mistero continua a dare senso all’esistenza di tutti coloro che lo seguono. In questo testo, san Paolo descrive come la lotta tra la morte e la vita, con la vittoria di quest’ultima, è sempre presente nella sua esistenza quotidiana di apostolo.
Nel tentativo di testimoniare la Buona Novella di Cristo lungo i suoi viaggi e nei suoi incontri, Paolo tocca con mano le resistenze che sono la sorte di tutti gli amici di Dio in un mondo che molto spesso ha altre priorità. Interpreta queste difficoltà come l’opera delle potenze di morte dentro di sé: è il suo modo di conoscere nella sua vita concreta (questo è il significato della parola “corpo” nel v. 10) la morte di Gesù. Ma poiché, grazie alla sua fede nella risurrezione di Cristo, è legato a una Vita più forte della morte, le sue sofferenze sono in ultima analisi solo un’occasione per questa Vita di scaturire con maggiore ampiezza. E spesso sono gli altri che raccolgono nella loro esistenza i frutti di questa vita donata, mentre Paolo da parte sua percepisce solo il lato buio.
Ciò che rende possibile quest’opera di Dio in lui è la sua vulnerabilità, i suoi limiti umani. Per spiegarlo, l’apostolo prende in prestito l’immagine di un tesoro deposto in un vaso di creta: le imperfezioni del recipiente contribuiscono ad elevare lo splendore del contenuto. È infatti necessario che “l’essere fisico” vada disfacendosi col tempo, lasciando tutto lo spazio a ciò che rimane – un nuovo essere, trasfigurato dallo Spirito di Dio. E allora un’altra immagine, sotto la penna di San Ireneo di Lione, esprime meglio la realtà finale: un liquore di valore che fa ringiovanire il vaso che lo contiene.
“Cristo continua a essere messo a morte fino alla fine del tempo”. Cosa significano queste parole per me?
Ho avuto esperienze dove i miei limiti hanno permesso a Dio di manifestarsi di più?
Come Dio mi rinnova giorno dopo giorno?